Norwegian Wood di Murakami Haruki

Non avevo letto nulla finora di Murakami Haruki: Norwegian Wood è il primo libro che leggo di questo autore.

L’ho appena finito e ne scrivo subito perché non voglio che passino le sensazioni a caldo. Mi ha tenuta incollata facendomi passare il sonno e ora che l’ho finito, lo rileggerei da capo.

Un libro bellissimo.
Per come è scritto, per lo stile scorrevole e semplice.
Per la storia, triste ma al contempo con un messaggio di speranza per il futuro anche se ci sarebbero, nel presente, tutte le condizioni per essere poco felici.
Per i personaggi: ti innamori di tutti loro, anche nella loro imperfezione e drammaticità.
Per la capacità di introspezione e analisi dell’animo umano, senza giudizio ma solo con la voglia di capire.

Aggiungiamo lo scenario, che emerge da ogni riga o quasi: il Giappone a cavallo degli anni ’60 e ’70, il modo di vivere della gioventù giapponese, la cultura, i piatti della cucina giapponese, la ricerca del sesso e del divertimento, gli ideali, la visione del futuro, le tradizioni.

Del sesso, poi, si parla senza nessun pudore né vergogna, ed è visto in tutte le sue sfaccettature: come atto d’amore, come semplice desiderio, come valvola di sfogo, come terapia, come conoscenza di se.

Un libro che parla di amore, amicizia, fedeltà, onestà e se ne parla anche affrontando le ambivalenze e i lati oscuri di ogni rapporto.

Un libro che parla di morte, di suicidio, di dolore per la perdita e di accettazione della volontà altrui, pur nel dispiacere.

Ma è anche un libro che parla di vita e di voglia di andare avanti, di pulsione verso il futuro e la felicità, accettando, per come si può, il passato e ciò che non capiremo mai del tutto.

 

 

 

 

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