Israele, periferia di Tel Aviv, una palazzina di tre piani ospita le vite di tre famiglie. Ognuno dei tre capitoli del romanzo racconta la storia di ogni piano di questo condominio e delle sue famiglie.
Storie diverse tra loro, ma tutte accomunate dalla profondità e dalla lucidità del racconto che ognuno dei personaggi fa di se, della propria vita presente e del proprio passato. Un passato a volte difficile da gestire, un presente non facile e un futuro incerto, che si ha voglia di vedere e di costruire, nonostante tutto, con speranza e fiducia.
La storia che ho amato di più è l’ultima, quella del terzo piano, la storia di Dvora, una giudice in pensione, vedova e con un figlio con cui vorrebbe riallacciare un rapporto compromesso. L’autore è stato capace di descrivere le luci, e soprattutto le ombre, di una figura materna amorevole e imperfetta, dubbiosa e incerta ma sicura dell’amore che prova per un figlio difficile e problematico, oltre ogni circostanza e limite.
Ai primi due piani, invece, ci sono Arnon, padre attento e convinto che la sua bambina sia stata molestata da un anziano vicino affetto da Alzheimer,
e Hani, madre sola che cresce i figli con un marito sempre all’estero e che parla, attraverso una lunga lettera alla sua migliore amica, dello spettro della follia che non le dà pace.
Tutte le storie iniziano da un momento di difficoltà e disagio interiore e proseguono con la voglia di superarlo e di essere felici, attraverso dialoghi immaginari con altre persone,che altro non sono che monologhi interiori.
Tre voci intime che rappresentano i tre piani freudiani dell’anima: Es, Io e Super-Io.
Ogni personaggio si racconta con lucidità, sincerità, drammaticità a volte, e ogni personaggio sembra vivo e in carne ed ossa davanti a noi, perché riesce a mettere a nudo tutta la propria sofferenza e fragilità.
Facendoci sentire umani anche noi, nel dare voce anche alle nostre paure, delusioni e speranze.
Grazie alla scrittura meravigliosa, intensa e penetrante dell’autore.
Edito da Neri Pozza editore.