“Il nome paranza viene dal mare.
Chi nasce sul mare non conosce un solo mare. E’ occupato dal mare, bagnato, invaso, dominato dal mare. Può starci lontano per il resto dell’esistenza, ma ne resta zuppo. Chi nasce sul mare sa che c’è il mare della fatica, il mare degli arrivi e delle partenze, il mare dello scarico fognario, il mare che ti isola. C’è la cloaca, la via di fuga, il mare barriera invalicabile. C’è il mare di notte”.
Poco prima di natale ho finito di leggere l’ultimo romanzo di Roberto Saviano, “La paranza dei bambini”.
Edito da Feltrinelli, sia in versione cartacea sia in versione eBook.
L’incipit del romanzo è, secondo me, qualcosa di meraviglioso: la perfezione della sintassi e della scelta delle parole, la musicalità, l’equilibrio. Mi sembrava di leggere Erri De Luca.
Al di là delle convinzioni politiche di ognuno, e al di là delle tematiche care all’autore, con questo romanzo Roberto Saviano ha superato se stesso.
La storia e il percorso di crescita di questi bambini lascia con il fiato sospeso, sono belli i personaggi, tutti, ognuno con la sua individualità e con le caratteristiche stigmatizzate di una generazione, sono incredibili seppur veri alcuni avvenimenti, sono ricchi i sentimenti dei protagonisti, commoventi le loro convinzioni e i loro sogni.
Personaggi a cui è facilissimo affezionarsi, soprattutto se il lettore è anche un genitore: perché non è possibile non immedesimarsi minimamente in situazioni che potrebbero potenzialmente riguardare i propri figli.
Come dice l’autore nella nota finale, la scelta del dialetto e di una oralità però ricostruita magistralmente con la scrittura, è azzeccatissima. sia per la sintassi e le parole, sia per la narrazione.
Un linguaggio, un modo di parlare, che ti cala completamente e profondamente nell’ambiente in cui si svolge la storia: Napoli.
Una storia, quella della paranza dei bambini, che sarebbe davvero un peccato non leggere.