Non svelerò cos’è la maligredi (a chi già non lo sa): perché significherebbe svelare l’anima della storia raccontata in questo romanzo bellissimo di Gioacchino Criaco.
Africo, un piccolo paese della Calabria ai piedi dell’Aspromonte e davanti al mare Jonio.
Tre amici, le cui vicende sono raccontate da uno di loro, il protagonista Nichino. Tre ragazzi che vivono, anzi sopravvivono, in questo paesino in cui l’unica speranza di avere una vita normale è quella di partire e lasciarlo, questo paesino.
Un romanzo di formazione, senza dubbio, ma prima di tutto un romanzo toccante, coinvolgente, scritto con un lessico particolare, ambientato in una terra sconosciuta a molti.
La storia di Nichino, Filippo e Antonio è una storia di povertà, solidarietà, amicizia, affetto materno e di una intera comunità, di spensieratezza e preoccupazione.
Il crimine, il profumo dei soldi, le piccole conquiste e soddisfazioni, ma anche i prepotenti, gli sfruttatori, il lavoro che non c’è o ce n’è troppo poco.
La rivolta contro le istituzioni e contro la malavita.
Una rivolta sociale, quella raccontata nel romanzo, che è realmente accaduta, soffocata con la violenza dei bastoni e ostacolata dai potenti malavitosi locali. Una testimonianza preziosa delle dinamiche criminali avvenute in Calabria.
E il viaggio, quel viaggio sull’Aspromonte per nascondersi dalla Stato ma soprattutto un viaggio per trovare se stessi.
La voglia di riscatto e di vivere in un posto migliore.
La voglia di avere una vita normale e felice.
La voglia di essere liberi.
Sempre che non arrivi la maligredi.
L’Aspromonte questo è, una gabbia, come tutto il resto del mondo. Solo che da qui, insieme agli abitanti, se n’è andato anche il custode, pensando che non ci sarebbe stato più nessuno da sorvegliare. Se ne deve approfittare fino a quando non torna indietro.
Ma l’Aspromonte è fatica, è solitudine, gli ribatteva Antonio.
No, rideva u zzu, è esercizio fisico e spirituale. Per capire questo monte, il desiderio di libertà bisogna averlo dentro.
C’è tenerezza in questa storia bellissima e c’è anche amarezza, per come sono andate le cose e per come, invece, avrebbero potuto andare.
La natura è un elemento che accompagna ed è parte integrante della storia e della vita delle persone.
L’Aspromonte da una parte e lo Jonio dall’altra.
Lo Jonio vissuto come dolore, impotenza, con il vento Zefiro che soffia, contrapposto all’Aspromonte dove c’è serenità, accoglienza, purezza d’animo e innalzamento dello spirito.
Una storia che resta dentro, che non si dimentica.